Sempre più difficile notare la differenza tra un seno naturale e uno rifatto, anche al tocco. Ormai l’evoluzione delle tecniche e dei materiali utilizzati per la mastoplastica vanno nella direzione “della naturalità, della semplicità e della sicurezza”, spiega Maurizio Valeriani, primario di chirurgia plastica degli ospedali romani San Filippo Neri e Santo Spirito, in occasione del 65mo Congresso nazionale della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica (Sicpre) che si è tenuto Torino. Tra le novità in questo campo, spiega il chirurgo, “c’è senza dubbio, per quanto riguarda la mastoplastica additiva, una sorta di tessuto riassorbile, una matrice che copre la protesi, riempie i vuoti ma, allo stesso tempo, viene progressivamente ‘colonizzato’ dai tessuti naturali di riparazione”. Si tratta di “materiali biologici, ricavati dal pericardio di bovini o suini, oppure sintetici”. (Continua a leggere dopo la foto)
Insomma la scienza sta facendo passi da gigante in questo campo: in questo modo gli interventi sono sempre meno invasivi e di conseguenza sempre meno pericolosi per chi si sottopone. Questi ‘rivestimenti’ “formano un reggiseno naturale” che si consolida con i tessuti riparativi della paziente una volta assorbita la matrice. “Il risultato – aggiunge Valeriani – è una maggiore morbidezza naturale, anche al tatto”.
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Anche per le donne che si sottopongono all’intervento per la ricostruzione dopo un tumore alla mammella, “oggi la tendenza è a conservare il più possibile la pelle e il grasso, togliendo solo la ghiandola malata. La protesi, poi, viene coperta, come con un cappottino, da questi nuovi tessuti riassorbibili”. In generale “gli interventi sono sempre meno invasivi: durano meno, c’è quindi meno tempo di anestesia; in diversi casi si ricorre all’anestesia locale e la convalescenza è più rapida”, conclude Valeriani.